Ieri sera, sistemando scatoloni in soffitta, ho trovato un mio vecchio poster. La foto di Matin Luther King, che campeggia sul suo famoso discorso "I have a dream" (lo trovate QUI). L'ho messo via come tante altre cose, ma non ho potuto fare a meno di pensare a quanto il mondo sia o non sia cambiato in questi ultimi 45 anni. E, cosi' per gioco, ho provato a riscrivere io quali sono i miei sogni, oggi, nel 2008. E sono rimasto perplesso, vedendo quanti sogni e quante speranze abitano il mio cuore, e quanto poco faccio ogni giorno per migliorare effettivamente le cose.

Io ho un sogno.
Sogno che le parole spese ogni giorno su quanto il mondo potrebbe essere migliore possano finalmente diventare una realta' ed un impegno piu' che una scusa ed un promessa elettorale.
Sogno un paese in cui la maggioranza non leggittima l'illegalita' consegnado il governo del paese a persone dalla dubbia moralita' e dal passato oscuro.
Sogno un paese in cui con la Mafia si combatte, ma si combatte davvero, invece di leggittimarla, negarla e finire a conviverci come fosse una componente piu' che espressione patologica della societa'. Ogni tipo di Mafia, da quella con lupara e doppiopetto gessato a quella con valigietta, titoli azionari e ipocrite serate di beneficenza.
Sogno un mondo in cui i giornali, le tv, e le riviste siano liberi da bugie e approssimazioni. Liberi da armi di distrazione di massa.
Sogno un mondo in cui la verita' e' vera, la falsita' falsa, e si puo' distinguere fra esse.
Forse sogno un mondo senza tv, ma so che questo e' chiedere troppo.
Sogno un mondo in cui la gente ascolti e legga di piu', invece di parlare ed opinare senza cognizione di causa.
Sogno un mondo senza reality show, senza contenitori di costume vuoti e svuotanti, od almeno un mondo in cui e' ancora netta la distinzione fra intrattenimento e impegno.
Forse sogno un mondo con maggiore responsabilita' civile e personale.
Sogno un mondo in cui tutti conosco il concetto di sostenibilita', di limiti della crescita, di anelli ed effetti di retroazione, di ecologia. Un mondo in cui nelle scuole accanto al passato e alla memoria si insegni il presente e si traccino i passi per percorrere un futuro non schizofrenico come quello al quale ci stiamo avviando.
Sogno un mondo in cui piu' che parlare della fame del mondo si faccia qualcosa per sanarla. Ed in cui piu' che fare collette dalla dubbia destinazione, ci si adopera per combattere il male in profondita', nelle radici. Un mondo in cui i legami fra sovrapopolazione, deforestazione ed indigenza sono seriamente trattati e spiegati al pubblico.
Sogno un mondo senza razzismi mediatici, senza caccia allo straniero. Forse sogno un paese che invece che crogiolarsi nelle sue paure ataviche capisca che il pesce marcisce dalla testa, e che il reale problema dell'Italia non e' l'aggressivita' dei Rom, o l'invasione clandestina, ma le mancanze della politica nella gestione dell'immigrazione.
Sogno un mondo in cui le parole "fascista" e "comunisti" siano definitivamente relegate ai libri di storia, per far si' che ideologie morte e ormai svuotate di significato siano ancora portatrici di violenza e divisione.
Sogno un mondo in cui sui giornali invece di dibattiti sul mangiare o meno cavallette e formiche ci siano analisi concrete e profonde della situazione economica dell'Italia e del mondo, e della decadenza media in cui sta sprofondando il nostro paese.
Sogno un mondo semplice, forse ingenuo, in cui le parole sono seguite dai fatti. Da parte di tutti. Perche' le cose possono cambiare, ma solo se si fanno tutti insieme, nel nostro piccolo.
Ma sopratutto, sogno un mondo in cui io per primo inizi finalmente a combattere per renderlo un posto migliore, lasciando da parte giustificazioni comode e accoglienti.
Perche' ognuno di noi e' responsabile dei proprio sogni e della loro realizzazione.

Forse sono solo un illuso, ma credo che un mondo cosi' sia possibile.
Prendiamo in mano il nostro futuro, ma facciamolo davvero.

Q

Manituana

54

Oltretorrente

Il re di Girgenti

Antracite

Noi saremo tutto

L'angelo della storia

La banda Bellini

Stella del mattino

Sappiano le mie parole di sangue

lezioni di tenebra

Cibo

I viaggi di Mel

Gomorra

Black Flag

Nelle mani giuste

Il signor Figlio

L'uomo che volle essere Perón

L'atlante criminale

I sentieri del cielo

Una storia romantica

La presa di Macallè

L'ottava vibrazione

Cristiani di Allah

Tina, Puerto Escondido

In ogni caso nessun rimorso

Oltretorrente

Dies irae

Hitler

Nelle mani giuste


e molti altri...


In una parola?

NEW ITALIAN EPIC



McGill University di Montréal nel marzo 2008: convegno sulla letteratura italiana, si sentono le parole New-Italian-Epic


Middlebury College di Middlebury: si risentono le tre parole, il concetto prende forma. qui


Massachusetts Institute of Technology (MIT) Cambdrige: Il concetto è chiaro. qui


Ma che cos'è la New Italian Epic?

"Wu ming 1" del collettivo "wu ming" dopo i convegni negli stati uniti, che possono essere considerati il risultato di un riassunto di intuizioni, impressioni, confronti con altri autori coinvolti. Successivamente ha raccolto imprssioni sui convegni, dibattuto ed è arrivato a scrivere il seguente saggio.

Wu ming 1 cerca, nel saggio, di dare delle caratteristiche di questo atipico movimento:


1. Don't keep it cool-and-dry . New Italian Epic è sorto dopo il lavoro sui "generi", è nato dalla loro forzatura, ma non vale a descriverlo il vecchio termine "contaminazione". Nel NIE Si può essere seri e al tempo stesso leggiadri, si può essere seri e ridere. L'importante è recuperare un'etica del narrare dopo anni di gioco forzoso. L'importante è riacquistare fiducia nella parola e nella possibilità di "riattivarla", ricaricarla di significato dopo il logorìo di tòpoi e clichés. Un esempio:
Nelle Postille al Nome della Rosa, Umberto Eco diede una definizione del postmodernismo divenuta celeberrima. paragonò l'autore postmoderno a un amante che vorrebbe dire all'amata: "Ti amo disperatamente", ma sa di non poterlo dire perché è una frase da romanzo rosa, da libro di Liala, e allora enuncia: "Come direbbe Liala, ti amo
disperatamente."
Negli anni successivi, l'abuso di quest'atteggiamento portò a una stagflazione della parola e a una sovrabbondanza di "meta-fiction": raccontare del proprio raccontare per non dover raccontare d'altro. La NIE ci dà una via di uscita:
sostituire la premessa e spostare l'accento su quel che importa davvero: "Nonostante Liala, ti amo disperatamente". Il cliché è evocato e subito messo da parte, la dichiarazione d'amore inizia a ricaricarsi di senso.


2- "Sguardo obliquo", azzardo del punto di vista. quasi tutti i libri del NIE hanno storie vaste, a volte note, raccontate da un punto di vista particolare, come accade in "Manituana" dove la rivolta dei coloni americani è raccontata dal punto di vista degli indiani, o nel "Ciclo Del Metallo" di Evangelisti. In altric asi troviamo decine e decine di personaggi che si passano la narrazione continuamente tramite il discorso diretto.

"lo spostamento del punto di vista rende l'epica
"eccentrica", in senso letterale. A volte basta mezzo passo, a volte si
percorrono anni-luce. L'eroe epico, quando c'è, non è al centro di tutto ma
influisce sull'azione in modo sghembo. Quando non c'è, la sua funzione viene
svolta dalla moltitudine, da cose e luoghi, dal contesto e dal tempo"

3. Complessità narrativa, attitudine popular. Il New Italian Epic è complesso e popolare al tempo stesso, o almeno è alla ricerca di tale connubio. Queste narrazioni richiedono un notevole lavoro cognitivo da parte del lettore, eppure in molti casi hanno successo di pubblico e vendite.
Questo per due ragioni principali:
  1. Il primo è che il pubblico è più intelligente di quanto siano disposti a
    riconoscere, da una parte, un'industria editoriale che per sua natura tende ad
    abbassare e "livellare" la proposta e, dall'altra, gli intellettuali che demonizzano
    la popular culture
  2. la complessità narrativa non è ricercata a scapito della
    leggibilità. La fatica del lettore è ricompensata con modi soddisfacenti di
    risolvere problemi narratologici e scaricare la tensione. Da parte dell'autore c'è
    spesso il tentativo di usare in modo creativo e non meccanico gli stratagemmi
    narrativi della genre fiction: anticipazioni, agnizioni, colpi di scena, deus ex
    machina, McGuffin (televisore attraverso il cui punto di vista è narrato "54"), diversivi ("red herrings"), finali di capitolo sospesi ("cliffhangers") etc.


4. Storie alternative, ucronie potenziali. L'ucronia ("non-tempo") è un sottogenere nato nella fantascienza, evoluzione dei romanzi su macchine del tempo e paradossi temporali. Nel corso degli anni l'ucronia ha oltrepassato i
confini della "paraletteratura", e vi hanno fatto ricorso scrittori non "di genere". L'ucronia parte spesso dalla domanda "cosa sarebbe successo se..." e nascono mondi in cui i nazisti hanno vinto la guerra, ad esempio. In realtà questa accezione è utilizzata più in Francia e Italia, in inglese ha più il significato di tempo non determinato, storie in cui non è chiara o tenuta nascosta l'epoca, come "il signore degli anelli" o "Havana Glam" o "Il signor figlio". Per essere più precisi le opere della NIE non si basano solo su una biforcazione del tempo ma riflettono sulla possibilità reale della stessa. Inoltre in alcuni casi l'ucronia è solo potenziale, nel senso che anche se si raccontano storie note il lettore ha sempre una senzazione di ucronia.


5. Sovversione "nascosta" di linguaggio e stile. Molti di questi libri nascondono anche esperimenti stilistico-linguisti, esperimenti che non si notano con una lettura veloce ma che soo più profodi e scovarli richiede una lettura lenta e attenta. Un esempio è la scarsità di verbi nelle scene di combattimento di "Q", conferendo alle scene maggior confusione e velocità, altri esempi sono in "Romanzo criminale" e "Hitler".


6. Oggetti narrativi non identificati. "Negli ultimi quindici anni molti autori italiani hanno scritto libri che non possono essere etichettati o incasellati in alcun modo, perché contengono quasi tutto. Come dicevo sopra (cfr. il punto 1), "contaminazione" è un termine inadatto a descrivere queste opere. Non è soltanto un'ibridazione "endo-letteraria", entro i generi della letteratura, bensì l'utilizzo di qualunque cosa possa servire allo scopo. E non è nemmeno un semplice proseguire la tradizione della "letteratura di non-fiction", opere come Se questo è un uomo o Cristo si è fermato a Eboli. Quei libri non erano "mostri", non erano prodotti di un'aberrazione."

Insomma è difficile definirli. E' il caso di "Sappiano le mie parole di sangue" di Babsi Jones (2007), nella definizione dell'autrice un "quasiromanzo". Si svolge in Kosovo dal 1999 in poi, con alcune puntate all'indietro,
nel Medioevo e su altri piani temporali. E' un'opera all'incrocio tra divulgazione storica, romanzo agit-prop e prosa poetica di controinformazione, con innumerevoli citazioni e allusioni ad Amleto. Il tema è la pulizia etnica nei
Balcani, non da parte dei Serbi, ma contro di loro.

Il caso di "Ascie di guerra", Il caso di Gomorra.


7. Comunità e transmedialità. Ogni libro del New Italian Epic è potenzialmente avvolto narrazioni "laterali": racconti scritti da lettori (fan fiction), fumetti, disegni e illustrazioni, canzoni, siti web, addirittura giochi in rete o da tavolo ispirati ai libri, giochi di ruolo coi personaggi dei libri e altri contributi "dal basso" . Questa letteratura tende - a volte in modo implicito, altre volte dichiaratamente - alla transmedialità, a esorbitare dai contorni del libro per proseguire il viaggio in altre forme, grazie a comunità di persone che interagiscono e creano insieme. Gli scrittori
incoraggiano queste "riappropriazioni", e spesso vi partecipano in prima persona. Talvolta i progetti sono pensati direttamente come transmediali, superano già i contorni del libro, proseguono in rete, come per "Manituana",
o escono abbinati a cd con colonna sonora come i "Cristiani di Allah".

Wu ming 1 chiude il suo saggio con:


"Accade in Italia, non a caso. Paese delle mille emergenze, poco interessato
al futuro, già oltre l'orlo di catastrofi indiscusse (nel senso che non se ne
discute). Paese campione di polvere sotto il tappeto e liquami alle caviglie,
Bengodi degli stakeholder descritti da Saviano.
Confusamente, brancaleonescamente, il New Italian Epic si è formato e
adesso si trasforma sotto i nostri occhi, mentre immagina, racconta, propone.
Ed è instabile, oscillante, reazione ancora in corso. Un giorno lo supereremo,
qualcuno magari lo rinnegherà, ma adesso dobbiamo starci dentro, perché c'è
molto lavoro da fare: spingere ogni tendenza al suo sviluppo, accompagnare
ogni potenza all'atto, continuare a dividere ciò che è unito, continuare a unire
ciò che è diviso.


Stiamo costruendo il futuro anteriore -
quando, sicuri di aver fatto il possibile,
potremo dire che
ne sarà valsa la pena
e passeremo oltre.
Dono. Compassione. Autocontrollo.
Shantih shantih shantih"

Per chi volesse sperne di più: www.wumingfoundation.com